Il vento di Versailles

I quattro leader dell’Unione europea giunti a Versailles sono stati accolti dalle raffiche di vento del marzo francese, che durante la foto di gruppo quasi li spazzava via. L’encomiabile e solenne impegno preso per il futuro ha una sola controindicazione. Il padrone di casa Hollande, non ha nessun futuro, poiché nemmeno rinunciando a presentarsi alle presidenziali del prossimo aprile è riuscito a rilanciare qualche possibilità di successo al suo partito. Angela Merkel, il motore vero della costruzione europea di questi ultimi dieci anni, è prossima ad una prova elettorale il prossimo settembre che appare quanto mai sfavorevole. Se mai i suoi alleati di governo, i socialisti di Schulz, come dicono i sondaggi, dovessero ottenere la maggioranza al Bundestag, questa si baserebbe su un programma che ridefinisce gli impegni europei completamente. Per l’italiano Gentiloni, invece, sarà un miracolo arrivare a fine mandato, quando Rajoy guida già un governo di minoranza grazie all’astensione dei socialisti spagnoli dovuta a problemi interni a quel partito, più che a un qualche senso istituzionale. In parole povere, il grande futuro europeo promesso a Versailles potrebbe esaurirsi nel giro di sei mesi. Quasi avesse voluto mettere le mani avanti, proprio Rajoy ha ricordato che l’Europa è stato un grande successo, per cui anche nel caso in cui da qui ad un anno fossero diversi i capi di governo, si badi bene a non ipotecarlo. Sotto il profilo di una pace che nel continente dura da più di settant’anni, Rajoy ha sicuramente ragione, soprattutto considerando che per secoli l’Europa intera è stata devastata da guerre sempre più continue ed intense. Se l’unità serve alla pace, bisogna stare molto attenti a pregiudicarla, e questo è un argomento serio. Per essere certi di evitare un simile rischio ci aspettavamo fermezza nell’indicare il metodo per mantenere l‘obiettivo comune, di crescita economica, di solidarietà sociale, di difesa del proprio territorio. Disgraziatamente l’idea malsana che si è insidiata sempre di più in parte delle popolazioni europee è che ciascun paese membro della Ue potrebbe crescere meglio, e difendersi meglio, ed essere più solidale, preoccupandosi solo del suo specifico interesse nazionale. Un errore drammatico, che trova alla sua base tanti piccoli errori commessi durante la convivenza comune. Per cui la domanda che bisogna porre all’ordine del giorno è se è possibile impedire la catastrofe dell’Unione europea da molti data già per scontata. La risposta venuta da Versailles è stata quella di concedere maggiore autonomia per tutti, l’adozione di “diverse velocità” fra i paesi membri secondo le loro esigenze. Se così facendo non si accresceranno maggiormente le distanze fra gli Stati europei, installando un volano autentico per la loro dissociazione, ci recheremo tutti a Versailles in pellegrinaggio per rendere grazie alla lungimiranza di governanti tanto precari.

Roma, 7 marzo 2017